Mese: Luglio 2023

Il trionfo assoluto del nuovo che avanza

La dura verità che scaturisce dai campi del Memorial Piazzini

Il nostro è un mondo fatto di opinioni contrastanti, pareri spesso non condivisi e teorie da difendere
a spada tratta. La società umana si basa da sempre su una necessità di far valere la propria causa, di
far trionfare il proprio modo di pensare e vedere le sfaccettature del quotidiano. Poco importa se in
certe situazioni si risulti antipatici, eccessivamente saccenti e spietati di fronte a chi si oppone al
nostro credo. Che si tratti di opinioni politiche, di critiche ad una delle tante istituzioni presenti oppure
semplicemente di dimostrare la propria conoscenza in ambiti di gusti culinari, siamo abituati a farci
sentire, ad alzare la nostra voce. A questo urgano di presunzione, lo sport ha cercato di sfuggire per
anni, presentando una netta obiettività a tratti quasi monotona. Negli ultimi decenni tuttavia, il mondo
è cambiato drasticamente, lasciando spazio a lunghe dissertazioni tecniche da parte dei cosiddetti
“intellettuali” anche in ambito sportivo. Il nostro caro tennis non è più uno spor in cui per conquistare
l’assenso di chiunque basta vincere punti, portare a casa trofei ed esibirsi in prestazioni convincenti.
Il nostro tennis è diventato il terreno perfetto per criticare il nuovo che avanza. I giovani di oggi sono
capaci solo di picchiare forte da fondo campo, non leggono bene le dinamiche di gioco, perdono
l’occasione di conquistare la rete, non sono in grado di variare il gioco. Quante volte abbiamo anche
solo origliato dissertazioni di questo genere? I puristi del tennis di altri tempi, quello in cui si giocava
con le racchette di legno ed i pantaloncini talmente corti da risultare ridicoli. Coloro che fremono per
assistere ad un piccolo errore per poter affermare “avessi il suo fisico non gli farei vedere palla”. In
alcune circostanze, cari puristi, anche se con una patetica presunzione di sottofondo, avete avuto
ragione. Quello che però è stato il verdetto dell’edizione 2023 del Memorial Piazzini, vi condanna ad
un silenzio tombale ed all’accettazione che forse, il modo che i giovani hanno di interpretare il tennis,
non è così sbagliato.
Tra i partecipanti di questo torneo c’ero anche io. Dopo quasi due anni dalla mia ultima partecipazione
in competizioni ufficiali, la voglia di tornare in campo era tanta e quale migliore occasione per farlo
se non di fronte al mio pubblico. Tutto sommato ho disputato un buon torneo, vincendo due partite,
divertendomi e mettendo in mostra un buon tennis. Mi sono arreso soltanto ai quarti di finale, per
mano di un ottimo Mencarelli, al quale colgo l’occasione per mandare un grande saluto ed un in bocca
al lupo per il proseguo della sua carriera che ha tutti i presupposti per sbocciare. La considerazione
che però volevo condividere con voi riguarda un ragionamento oggettivo, motivo di un titolo così
inopinabile e di una prima parte di testo con una velata critica: con i miei ventuno anni, ero il giocatore
più anziano rimasto in gara tra i primi otto del torneo.
Le scuse che i puristi del tennis si sentiranno di trovare riguarderanno sicuramente una scarsa
condizione atletica e fisica dovuta all’età, alle alte temperature registrate, ad una stressante giornata
lavorativa e potrei continuare per ore. Mai nessuno menzionerà che, effettivamente, i ragazzi sono
stati più forti, che il loro tennis è stato migliore di quello degli avversari e che hanno pienamente
meritato di vincere. I quattro giovani atleti che si sono contesi un posto in finale (Mencarelli e Morbidi
da una parte ed i nostri Venticinque e Vanzi dall’altra), hanno sbaragliato un fermo credo rimasto
bloccato di venti anni, se non di più. I primi due, maestri della regolarità, fautori di un tennis scarso
di errori e ricco di scambi infiniti. Entrambi amanti di improvvise variazioni di gioco con il loro
fenomenale rovescio lungolinea, hanno dato spettacolo sul campo, ammazzandosi sportivamente a
colpi di perfette costruzioni da fondo e splendide finalizzazioni a rete. L’altra semifinale, invece, ha
ricoperto un ruolo di orgoglio per tutto il nostro circolo. Due ragazzi che sono nati sulla nostra terra
rossa, che hanno affrontato difficoltà, hanno sudato, lottato per limare i loro errori che li avevano
relegati nelle retrovie da bambini. Dove è finito il Vanzi sfarfallone, con una buona tecnica ma con
poca sostanza? E dove è finito il Venticinque perennemente in conflitto con sé stesso, capace di
raggiungere velocità di palla inaudite ma di sbagliare i colpi più elementari? È ovviamente sbagliato
presentare questi due atleti come perfetti, ci mancherebbe. Il lavoro che c’è da fare è ancora molto e
gli aspetti del proprio carattere da livellare continuano a penalizzarli in determinate circostanze. Ciò
nonostante, non rendergli merito del grande lavoro messo in pratica e dello splendido livello
raggiunto, è altrettanto eretico. La loro è una partita di tensione, di rigidità. Il pubblico riempie gli
spalti, li acclama, non sa per chi fare il tifo ma è certo di divertirsi, di applaudire entrambi per le
emozioni che regaleranno. Cari puristi, il ragazzo che si ostina a tirare la seconda di servizio più forte
della prima e che in giornate storte regala la partita all’avversario a forza di errori gratuiti, oggi tira
un rovescio in back che invidiate, ha una capacità nelle smorzate che vi lascia a bocca aperta. Cari
puristi, il ragazzo che fa fatica a muoversi e che ha un rovescio ad una mano tanto bello da vedere
quanto inefficace, oggi lo utilizza come arma letale, bombarda da fondo campo e disorienta chiunque
con i suoi colpi artistici. Indipendentemente dal risultato, sono semifinali che parlano chiaro, i ragazzi
sanno giocare a tennis.
Sono Morbidi e Venticinque a scendere in campo per la finale di domenica scorsa. Le aspettative
dietro alla nostra giovane promessa diventata giocatore sono tante. Forse troppe. Lo bloccano per
tutto il primo parziale, giocato in modo rigido, statico, timoroso di sbagliare, di deludere, di darla
vinta ai puristi. Piano piano Marco si scioglie ed inizia a macinare tennis. I suoi colpi sono più precisi
e finalmente ha ritrovato fiducia nelle variazioni. Il senese arranca, appare fisicamente in difficoltà e
cede il secondo parziale. A decidere l’incontro ci pensa il Match Tie-Break ai dieci punti, la lotteria
assoluta in cui ogni punto pesa come un macigno. La tensione torna a salire e l’esperienza di Morbidi,
unita ad una splendida intelligenza tattica che manda fuori giri Venticinque, gli consente di portare a
casa l’incontro, e con sé anche il titolo.
Il motivo per il quale mi sono soffermato poco sugli effettivi risultati degli incontri sta proprio
nell’essenza di questo mio testo. Commentare guardando un tabellone, leggendo un risultato scritto
a penna, non rende gloria ad un torneo meraviglioso da parte di tutti i giovani atleti che ne sono stati
gli assoluti protagonisti. Per una volta, cari puristi, i ragazzi vi hanno battuto.

autore Mattia Galigani